salve a tutti
WARP DRIVE: più veloce della luce
PRIMA PARTE
Sulle possibilità effettive di realizzazione di sistemi di propulsione estremamente avanzati e del tutto innovativi, allo scopo di ottenere la cosiddetta "Warp Drive" o "propulsione a curvatura" che, sfruttando e modificando le proprietà dello spazio-tempo, permetterebbe velocità superiori a quella della luce.
Il sistema di propulsione interstellare ideale, così come viene rappresentato nella letteratura e nella cinematografia fantascientifiche, dovrebbe poter permettere viaggi rapidi, sicuri e confortevoli verso altre stelle, anche molto lontane. Affinché ciò possa diventare realtà, sono necessarie ben tre "rivoluzioni scientifiche", tre enormi balzi in avanti nel nostro progresso scientifico-tecnologico: l’invenzione di un sistema che permetta di superare la barriera relativistica della velocità della luce, l’invenzione di un sistema di propulsione che non richieda propellente, e la scoperta di una fonte energetica per alimentare tali dispositivi. Una tecnologia radicalmente nuova, per riuscire a superare le immense distanze che ci separano anche dalle stelle a noi più vicine.
Attraverso la presente pubblicazione verrà fornita un'illustrazione dell'attuale "stato dell'arte" nel campo delle ricerche scientifiche sulla possibilità di propulsione a velocità superiori a quella della luce, più una piccola "escursione" nel regno delle congetture, relativa al fenomeno UFO. Gli argomenti trattati sono stati distribuiti secondo il seguente schema:
Parte I
Si occupa di alcuni aspetti generali e basilari relativi al problema della Warp Drive.
Parte II
Espone una breve descrizione di alcune idee innovative, al limite tra scienza consolidata e pura speculazione.
Parte III
Fornisce una sintesi di alcune interessanti possibilità emerse nel campo della ricerca "di frontiera".
Parte IV
Espone alcune congetture relative alla connessione tra il fenomeno UFO e la realizzabilità "pratica" della Warp Drive.
PARTE 1
Il problema della distanza
Le distanze interstellari sono talmente enormi da risultare ai limiti delle nostre capacità di percezione e di comprensione, se non addirittura al di fuori di esse. L’esempio seguente può aiutare a farsi un’idea circa l’entità del problema con cui si ha a che fare: se il Sole avesse le dimensioni di una biglia del diametro di un centimetro, la distanza dalla Terra (detta Unità Astronomica, AU) sarebbe di poco più di un metro, il diametro della Terra sarebbe circa quello di un capello, mentre quello dell’orbita della Luna sarebbe circa di mezzo centimetro. Seguendo questa scala, la stella più vicina si troverebbe circa a 340 chilometri di distanza.
Rimanendo in questa prospettiva, la luce impiegherebbe più di 8 minuti per percorrere quella "Unità Astronomica" di un metro che separa il nostro Sole-biglia dalla Terra-capello. Le onde elettromagnetiche sono l’entità più veloce tra quelle finora conosciute, ma, nonostante questo, un raggio di luce impiegherebbe ben 4,3 anni per superare quei 340 chilometri che, nella nostra scala ridotta, ci separano dalla stella più vicina.
Il problema della velocità
L’ostacolo principale da superare per la realizzazione di viaggi interstellari "possibili" è naturalmente la velocità. La stella più vicina, come abbiamo detto, dista 4,3 anni luce. Procedendo a velocità convenzionali, un eventuale viaggio verso questa stella sarebbe proibitivamente lungo. Per esempio, un veicolo che si spostasse con la velocità di una capsula Apollo impiegherebbe più di 900.000 anni. Anche correndo all’incredibile velocità di 60.000 chilometri all’ora, che è la velocità con cui la sonda Voyager ha lasciato il nostro Sistema Solare, il viaggio richiederebbe circa 80.000 anni. In conclusione, per poter raggiungere le altre stelle impiegando tempi ragionevoli, è necessario disporre di un metodo per superare la velocità della luce.
Il problema della massa
Un ostacolo meno ovvio di quello relativo alla velocità è quello che riguarda il propellente. Fino ad oggi l’unico sistema di propulsione alla portata delle tecnologie umane, almeno quelle di dominio pubblico, utilizzato per i veicoli spaziali, è quello basato sul principio di azione - reazione (la Terza Legge di Newton): un flusso di propellente (prodotti di combustione, gas compresso, ioni, plasma, particelle) viene spinto fuori dal veicolo lungo una direzione, ed il veicolo si muove per reazione nella direzione opposta. La spinta che si ottiene dipende dalla velocità di emissione del propellente e dalla sua densità: in generale, più lontano o veloce si vuole viaggiare, più propellente occorre per poterlo fare.
Per lunghi viaggi verso le stelle vicine, la quantità di propellente necessaria sarebbe enorme. Ad esempio, se si volesse mandare un oggetto delle dimensioni di un autobus verso la stella più vicina, e se si volesse compiere il viaggio in 900 anni, usando un motore chimico come quello dello Shuttle, allora non ci sarebbe abbastanza massa nell’universo per fornire la quantità di propellente necessaria.
Usando un motore a fissione nucleare (mini bombe atomiche a fissione utilizzate per fornire la spinta) servirebbero circa un miliardo di serbatoi di propellente, ciascuno della dimensione di una superpetroliera, mentre sfruttando la fusione nucleare (mini bombe all’idrogeno) ne occorrerebbero circa un migliaio delle stesse dimensioni.
Utilizzando sistemi di propulsione più avanzati, ma ancora in fase di studio, come i motori ionici o i propulsori ad antimateria, occorrerebbero circa una decina di serbatoi di propellente, ciascuno della dimensione di un vagone ferroviario. Non impossibile da realizzare, ma ancora troppo: basterebbe, infatti, richiedere la possibilità di fermare il veicolo, una volta a destinazione, oppure di aumentare anche solo leggermente la velocità di crociera, per tornare alla situazione della "flotta di superpetroliere".
In conclusione, ciò che occorre per compiere viaggi interstellari è una forma di propulsione che non richieda propellente. Questo implica la necessità di disporre di qualche tecnologia che permetta di alterare le forze gravitazionali o inerziali, se non addirittura di modificare la struttura stessa dello spazio-tempo.
Il problema dell’energia
La terza sfida è quella dell’energia. Anche disponendo di un sistema di navigazione non a reazione, capace di convertire direttamente l’energia in movimento senza l’ausilio di un propellente, il consumo richiesto sarebbe comunque enorme. Ad esempio, volendo inviare un veicolo della taglia di uno Shuttle verso la stella più vicina, impiegando 50 anni (quindi viaggiando a velocità ancora sub-relativistiche, cioè inferiori a quella della luce), occorrerebbe una quantità di energia di oltre 70 miliardi di miliardi di Joule, che è circa pari alla quantità di energia consumata da un paese come l’Italia in 100.000 anni (al ritmo attuale di consumo). Per superare questa difficoltà, occorre un modo per poter utilizzare l’energia naturale presente nel vuoto dello spazio, oppure una qualche scoperta eccezionale nella fisica della produzione dell’energia, oppure un metodo per superare il vincolo imposto dalle leggi dell’energia cinetica.
Gli ingredienti della Warp Drive
Ciò che emerge da quanto finora detto è l’impossibilità pratica di realizzare viaggi interstellari, almeno utilizzando le tecnologie ufficialmente disponibili. Ma non è abbastanza per considerare chiusa la questione. "Non realizzabile oggi" non necessariamente significa "impossibile", la storia del progresso scientifico è piena di esempi a riguardo. Inoltre, nuovi e recenti sviluppi della fisica, nuove e rivoluzionarie teorie, nuove osservazioni sperimentali stanno aprendo incredibili spiragli su di un Universo i cui segreti sono ben lungi dall’essere completamente rivelati, a dispetto delle affermazioni di alcuni presunti scienziati (troppi), cocciutamente chiusi e arroccati dentro alle loro fortezze adamantine di dogmi.
Rifiutando il concetto di scienza come collezione di atti di fede, accettando ciò che essa in realtà è, cioè un insieme di modelli più o meno accurati della realtà, accettando la sua natura intrinsecamente caduca, dinamica ed in continua evoluzione, e tenendo sempre presente il famoso aforisma di Sherlock Holmes, ossia "Escludendo tutto ciò che è palesemente impossibile, quello che rimane, per quanto incredibile, deve essere la verità", di seguito affronteremo il problema della Warp Drive, dal punto di vista di ciò che abbiamo, di ciò che vorremmo avere, e di ciò che probabilmente avremo.
Per la realizzazione di un sistema Warp Drive si possono individuare tre ingredienti fondamentali: un sistema di propulsione super-relativistico, che superi, cioè, i vincoli imposti dalla Teoria della Relatività di Einstein; un sistema di controllo dell’inerzia e della gravità; una sorgente di energia adeguata.
1. Propulsione super-relativistica
Il concetto di "propulsione super-relativistica", o "propulsione iperspaziale", o "propulsione a curvatura", è ormai uscito dal regno delle semplici congetture, e comincia ad essere oggetto di speculazioni ai confini con le teorie scientifiche più avanzate. In sintesi, sappiamo ciò che conosciamo e ciò che non conosciamo, ma non sappiamo con sicurezza se i viaggi a velocità superiori a quella della luce (super-relativistiche) siano o non siano possibili.
L’ostacolo principale è rappresentato da un costrutto della Teoria Speciale della Relatività di Einstein, il quale afferma che, in condizioni normali, la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto (che è di circa 300.000 chilometri al secondo) non può essere superata. Esiste una notevole mole di dati sperimentali a sostegno di questa legge. Nondimeno, esistono altre prospettive, alcune "situazioni anomale". Concetti come tachioni, wormhole, universo inflazionistico, curvatura spaziotemporale, paradossi quantici, sono abbastanza comuni nella letteratura scientifica "credibile", pur essendo però ancora troppo presto per stabilire l’effettiva percorribilità delle vie che sembrano suggerire.
Un argomento correlato con il superamento della velocità della luce è quello dei paradossi temporali, cioè la violazione del principio di causalità ("Ogni causa precede i propri effetti") e il viaggio nel tempo. è possibile elaborare scenari complessi nei quali uno spostamento a velocità super-relativistiche induce spostamenti nel tempo.
Relatività Speciale. In sintesi, la Teoria Speciale della Relatività, o Relatività Speciale, è basata su due semplici assiomi:
La distanza percorsa (d) dipende dalla velocità (v) e dal tempo di percorrenza (t), in particolare. (Semplice)
Indipendentemente da quanto velocemente si muova, un osservatore vede sempre la luce viaggiare con la stessa velocità. (Questo lascia un po’ più sconcertati)
Le complicazioni nascono quando questi due concetti vengono combinati per studiare i moti relativi (di alcuni oggetti rispetto ad altri), con velocità prossime a quella della luce: appaiono allora fenomeni come il rallentamento del tempo o la contrazione dello spazio. Tali fenomeni nascono dal fatto che tutti gli eventi, comprese le nostre percezioni sensoriali, avvengono attraverso interazioni che al massimo possono manifestarsi alla velocità della luce. Se cominciamo ad avvicinarci alla velocità con la quale riceviamo le informazioni, le informazioni percepite risulteranno distorte.
Il limite della velocità della luce. Una conseguenza della Relatività Speciale è il limite rappresentato dalla velocità della luce. Il problema può essere affrontato anche da un altro punto di vista: per aumentare la velocità di un oggetto occorre fornirgli più energia. Se la velocità aumenta, anche la massa aumenta: l’energia necessaria per accelerare l’oggetto, quindi, cresce al crescere della velocità. Quando la velocità si avvicina a quella della luce, la massa dell’oggetto risulta così grande che per ottenere accelerazioni anche piccolissime occorrerebbero quantitativi enormi di energia.
Nonostante il problema della propulsione super-relativistica appaia così ostico, esistono fondamenti teorici sufficienti a giustificare studi e ricerche attorno a tale argomento. Il cammino è ancora agli inizi, ma il lavoro di alcuni fisici come Matt Visser, Michael Morris, Miguel Alcubierre, per citarne alcuni, o quello di alcuni gruppi di ricerca come il prestigioso NASA Breakthrough Propulsion Physics Program, sono un forte incoraggiamento a proseguire per chiunque si occupi di questi argomenti.
2. Controllo dell’inerzia e della gravità
Per proteggere l’equipaggio e le strutture di un’ipotetica astronave dotata di Warp Drive dalle incredibili accelerazioni che tale sistema propulsivo produrrebbe, un sistema per creare un ambiente con gravità ed inerzia controllate risulta indispensabile. Inoltre, se si potessero manipolare la forza di gravità e le forze inerziali, avremmo anche la possibilità di ottenere un sistema propulsivo non a reazione, e una quantità di altre cose utili come ambienti a gravità sintetica nello spazio, ambienti a gravità zero sulla terra, veicoli terrestri senza ruote, e così via.
Analogamente alla propulsione super-relativistica, anche questo argomento è al livello della speculazione confinante con la scienza. In questo caso però, a differenza del precedente, non c’è nulla nelle conoscenze scientifiche attuali che affermi l’impossibilità di manipolare la forza di gravità.
Non solo. Siamo ormai relativamente sicuri che gravità ed elettromagnetismo sono fenomeni correlati. La nostra capacità di controllo sui fenomeni elettromagnetici è considerevole, quindi è ragionevole presumere che tale correlazione potrebbe un giorno portare ad utilizzare il controllo dell’elettromagnetismo come mezzo indiretto di controllo sulla gravità. Le connessioni tra i due fenomeni sono ampiamente illustrate nella Teoria Generale della Relatività di Einstein, o Relatività Generale. Teorie più recenti, provenienti dalla Meccanica Quantistica, sembrano collegare la gravità e l’inerzia ad entità chiamate "fluttuazioni del vuoto". L’argomento è attualmente materia di studio nell’ambito del NASA Breakthrough Propulsion Physics Program.
3. Sorgente di energia
Per alimentare i propulsori e i generatori di gravità della nostra ipotetica astronave, occorre una sorgente di energia estremamente efficiente e sufficientemente potente. I reattori a fusione nucleare, ancora in fase di sperimentazione, potrebbero essere buoni candidati. Ancora di più potrebbero esserlo ipotetici reattori materia – antimateria.
L’antimateria è qualcosa di assolutamente reale. Si tratta di materia con carica elettrica invertita (anti-elettroni o positroni con carica positiva, anti-protoni con carica negativa, e così via). Accade che, se una particella collide con la sua corrispondente antiparticella, avviene un fenomeno detto di annichilazione, in cui entrambe le particelle si tramutano in energia, seguendo la nota legge di equivalenza di Einstein, dove c è la velocità della luce, m è la massa ed E è l’energia. Per comprendere l’efficienza di tale processo di produzione di energia, basta considerare che, per generare i 70 miliardi di miliardi di Joule sopra menzionati basterebbe annichilire 389 chilogrammi di materia con 389 di antimateria.
Positroni, anti-protoni e altre antiparticelle sono normalmente prodotte dagli acceleratori presso laboratori come il CERN, e possono essere intrappolate ed immagazzinate per tempi relativamente lunghi. Nel 1997 è stato prodotto artificialmente, per la prima volta, un atomo di anti-idrogeno. Sono attualmente in fase di studio applicazioni mediche e sistemi di propulsione basati sull’uso di antimateria, nonché contenitori portatili per il suo trasporto.
Il grosso problema sta nei costi e nell’efficienza degli odierni sistemi di produzione. Attualmente, il costo per la produzione di un milligrammo di antimateria si aggira attorno ai 100 miliardi di dollari. Per poter prendere in considerazione eventuali applicazioni commerciali, questo costo dovrebbe almeno essere ridotto di un fattore 10.000. Non solo, ma attualmente il processo di generazione richiede più energia di quanta se ne possa ottenere dall’antimateria prodotta. Le applicazioni pratiche come nuova sorgente di energia sono quindi ancora lontane.